Odaka Yoga

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Odaka Yoga

sintesi di Anna Orsini

Roberto Milletti, Francesca Cassia e Consuelo Cinquanta illustrano l’Odaka Yoga, in un articolo apparso – sotto il titolo “Vivere Centrati”– sul n. 64 Settembre-Ottobre 2015 della rivista “Vivere lo Yoga”.

I tre autori affermano che in ogni istante stimoli di ogni tipo, interni ed esterni, si affacciano alla nostra percezione e ci catturano. La nostra mente processa all’incirca 400 miliardi di informazioni al secondo, di cui solo 2.000 a livello conscio.

L’interconnessione essere Uno con il Tutto è un arte da apprendere, da coltivare, da custodire. L’interconnessione è ciò che ha consentito alla nostra specie di evolvere e di entrare in risonanza empatica con l’altro.

Tuttavia, se ci esponiamo in maniera eccessiva alla stimolazione, se siamo troppo aperti e lasciamo fluire troppo liberamente il nostro essere all’esterno, rischiamo di sentirci svuotati e dispersi e di perdere il nostro centro di gravità interiore.

Disperdere la nostra energia ci rende fragili e la nostra presenza e il nostro contributo al Tutto, di cui facciamo parte, possono essere meno fattivi ed efficaci.

Lo yoga ci offre notevoli e numerosi strumenti per mantenere la nostra centratura. Se lasciamo che la mente si separi dal suo “embodyment”, dal suo incarnarsi nella corporeità, immediatamente ci sentiamo “fuori centro”.

Durante la pratica di yoga la nostra mente è continuamente stimolata a centrarsi sul corpo, sul respiro, ad essere consapevoli della nostra complessa “macchina percettiva”. Ci ricompattiamo con noi stessi.

Con l’Odaka Yoga andiamo ancora più a fondo “nel centro del nostro centro”, il tandem nel nostro addome (tre dita al di sotto dell’ombelico). Lasciando che la nostra consapevolezza si posi su quel centro dinamico e profondo, richiamiamo tutta la nostra energia e siamo di nuovo presenti a noi stessi, nella nostra totalità.

Tuttavia, solo questo non è sufficiente per vivere centrati. La vita è movimento e cambiamento e ciò comporta una momentanea perdita di equilibrio. E’ simile all’esperienza di imparare a camminare quando eravamo bambini.

Un passo dopo l’altro alla ricerca dell’equilibrio e della stabilità ma senza rinunciare al movimento che ci fa progredire.