Tra scienza, mito e rivelazione

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Tra scienza, mito e rivelazione

sintesi di Anna Orsini

Lorena Arcidiacono è l’autrice dell’articolo “Tra scienza, mito e rivelazione” pubblicato sul numero di Settembre 2020 della rivista Yoga Journal.

Nel 1930 due scienziati (Eddington e Lametre) proposero una teoria fisica, più tardi nota come teoria del Big Bang, secondo cui tutta la materia dell’Universo ebbe origine da un unico punto. Un nucleo di energia, dalla temperatura di miliardi di gradi, che si squarciò con un esplosione e determinò una espansione ancora in atto.

Gradualmente, raffreddandosi, si condensò in quark ed elettroni, in seguito in protoni e neutroni, dando origine a spazio e tempo. Questa esplosione determinò una deflagrazione sonora (Big Bang).

Nel 1970, Wilson e Penzias, scoprirono una radiazione cosmica costante di sottofondo che pervadeva tutto l’Universo. Con un radio telescopio riuscirono a captare un flebile e persistente rumore, un ronzio descrivibile simile a un “Hmmmm”: prolungamento della prima vibrazione che si diffonde nello spazio in maniera uniforme e costante. Scoperta che valse ai due fisici il premio Nobel.

Nella cultura indiana, quando Scienza, Religione e Filosofia andavano a braccetto, si condivideva il principio di una Coscienza universale unitaria (Brahman), il Creatore o Purusha principio maschile, pura consapevolezza, coadiuvata dall’inconsapevole Prakriti, la Natura, principio femminile. Dalla loro diversità scaturisce e si manifesta la molteplicità delle cose.

Dai Rig Veda alle Upanishad, dalla Bhagavad-gita ai Purana, le scritture indiane presentano miti, leggende, storie e concetti filosofici, in relazione alla genesi della vita, al processo di creazione dell’Universo e sulla sua evoluzione. Per molti studiosi ci sono innumerevoli, e sconcertanti, punti di contatto e similarità con la teoria del Big Bang

I Veda (collezione di inni datati tra 1500/500 A.C.) anticipano di migliaia di anni tematiche di fisica moderna, trattando di cosmologia, astronomia, formazione di pianeti. Nel Rig Veda, dedicato a divinità personificazioni della natura, l’inno cantato ancora come mantra, si parla di utero primigenio, ventre d’oro eterno (garbha), che partorì un uovo d’oro (hiranya) che galleggiando nel vuoto assoluto diede vita al creatore BrahmaHiranya garbha Sukta (mandala 10, inno 121).

Tutto il creato è anche denominato Sat, che origina dalla non esistenza Asat il vuoto totale e tenebroso Il vagito del neonato cosmo fu L’OM. Esso sorge dall’immanifesto, è il suono primordiale, il respiro dell’Universo. E’ sempre presente nell’Universo e, quando lo cantiamo, ci riconnette alla realtà suprema (si tratta dell’Hmmmm degli scienziati premi nobel?).

I Rishi, uomini spirituali dagli straordinari poteri, ebbero un enorme intuizione sulle caratteristiche e sui movimenti orbitali dei pianeti. Riconobbero 29 costellazioni, affermarono che la terra è rotonda e ruota con gli altri pianeti attorno al Sole, controllore del Sistema Solare.

Nel Nasadiya Sukta (Inno alla Creazione, mandala 10 inno 129) uno sconosciuto Rishi, poeta e veggente, contemplando il cielo stellato esprime tutto il suo stupore  e la sua curiosità sui segreti del creato. Non fornisce risposta all’eterna domanda come il tutto possa uscire dal niente, tuttavia, come forse il Tao, il Dharma, il Logos, il Koan Zen, suggerisce che la mente umana non possa afferrare l’inafferrabile. Lascia irrisolvibile l’interrogativo di come spiegare l’inspiegabile.

A Ginevra nella piazza antistante il CERN (Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare) possiamo ammirare la statua in bronzo di Shiva Nataraya, una delle divinità più importanti del pantheon indù. E’ conosciuto con diversi nomi, uno dei quali, Nataraja, simboleggia la danza cosmica, i cicli di creazione e distruzione. E’ una danza che raffigura in modo artistico l’equilibrio tra vita e morte.

Fritjof Capra nel suo libro “Il Tao della fisica” illustra il grande interesse della scienza per questa scultura. Per lo scienziato questa figura incarna la danza delle particelle subatomiche e mostra il concetto che l’Universo non è mai statico. La danza di Shiva personifica le basi dell’esistenza. E’ una metafora che unisce mitologia antica, arte, religione e fisica moderna.

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