Surf e Solitudine

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Surf e Solitudine

sintesi di Antonella Spotti

Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole. Ed è subito sera
(Salvatore Quasimodo)

Questa poesia ermetica ben esprime una sensazione vecchia quanto il mondo, ma che negli ultimi decenni va accrescendosi, soprattutto nell’ambito occidentale e fra coloro che vivono in grandi agglomerati urbani.
Si usa dire che nasciamo da soli e moriamo da soli, eppure la solitudine è l’emozione più spaventosa per l’essere umano. Per gran parte della vita ci affanniamo a “riempire ogni spazio vuoto” per evitare di restare soli con noi stessi. Ci attorniamo di persone o cose da fare, evitiamo le pause, e quando, nonostante tutto, abbiamo del tempo libero, ancora cerchiamo di colmarlo con qualche nuova attività.
L’aspetto preoccupante è che tutto ciò è in aumento anche tra i più giovani, che dovrebbero godere appieno della vita e delle relazioni con gli altri. I ragazzi risentono di una società improntata al consumismo, al “tutto e subito”, dove i valori esistenziali sono stati surclassati dalla preoccupazione di essere “cool” adeguati ad una moda e sempre griffati. Si è disposti a tutto per essere accettati dagli altri, per sentirsi amati e risultare “vincenti”.
In seguito a questa “filosofia” di vita sono in molti a sentirsi inadeguati, a non ritenersi all’altezza, e si riduce sempre più il numero di coloro che raggiungono – e mantengono- uno stato di pienezza ed appagamento.
Per approfondire questo argomento è necessario analizzarlo da più punti di vista e questo articolo rappresenta solo una fase preliminare di tale analisi, perché in fondo quello che ci interessa è comprendere se esiste un modo per risolvere il problema della solitudine e, più in particolare, se (e in che maniera) la pratica della meditazione ci può aiutare , o addirittura essere risolutiva.
Proviamo innanzitutto a non dare un nome a quella sensazione di malessere (che definiamo comunemente solitudine) e quando essa compare, restiamo fermi senza farci travolgere. Rimaniamo in osservazione, senza scivolare in pensieri di autocommiserazione o – peggio ancora – nella depressione. Proviamo solo ad osservare.
Sentiamo noi stessi al centro di questa sensazione, come un pianeta sperduto nella vastità dell’universo, come una nave sul mare in tempesta, senza vele e priva di timone, alla deriva. In questo particolare stato d’animo si nascondono molte sfumature emotive: malinconia, nostalgia, desiderio di qualcosa che ci manca e molto altro. Dobbiamo imparare a non fuggire, per guardare e capire. Non diamo un nome a questa sensazione, cerchiamo di non definirla, ma semplicemente restiamo lì, ad ascoltarla come fosse sconosciuta.
Questo approccio non solo può modificarne la qualità, ma addirittura trasformarla nel suo opposto.
La solitudine non è solo sofferenza. E’ anche ricerca d’intimità con se stessi, percezione introspettiva, possibilità di cogliere molte cose difficili da vedere quando siamo in mezzo agli altri, o quando cerchiamo di riempire ogni “vuoto” per il disagio profondo che esso crea. Eppure, ogni disagio è il nostro maestro, perché ci indica cose da osservare di noi stessi, ciò che ancora non comprendiamo.
La Meditazione può essere un’esperienza straordinaria di ricerca del vuoto, di una volontaria cessazione della fuga nel frastuono e nell’accettazione di una maggiore e più profonda intimità con noi stessi. Si tratta di una via percettiva completamente nuova. Immobili, soli, senza supporti, senza nessuno, guardiamo all’interno. La cosa straordinaria che accade è che tutto ciò che di illusorio ci affligge può dissolversi come la neve al sole, lasciando spazio a sensazioni emotive sconosciute, forme di gioia senza cause apparenti, sensazione di espansione , come se il nostro respiro scorresse in ogni dove, come se la pulsazione della vita ritmasse in noi e fuori di noi, in ogni atomo che ci circonda.
Chi sperimenta questo genere di sensazioni può chiedersi: la solitudine è reale o illusoria? E’ interna o esterna? E’ collegata al nostro rapporto con gli altri, oppure è un fenomeno più intimo, di cui studiare le cause, per capirle e risolverle? Ci sono persone che hanno una famiglia, ma si sentono sole, altre che non hanno fisicamente nessuno accanto, ma non soffrono la solitudine. E poi … poi esiste la Solitudine con la “S” maiuscola; quella che non riguarda me, lui,voi, o noi, ma l’intero genere umano. La solitudine come realtà (o illusione) filosofica e metafisica, dalla quale probabilmente deriva qualsiasi altra soggettività e minore porzione d’isolamento e dolore.
Uno dei segreti per comprendere la solitudine è farla propria, accettarla e trasformarla in una nuova energia, anziché lasciare che diventi progressivamente un veleno. Ogni emozione è infatti energia in movimento e dobbiamo stare molto attenti a non fuggire via da ciò che fatichiamo a capire; e dobbiamo anche fare attenzione a non affrontare fenomeni umanamente così rilevanti in modo superficiale.
Possiamo imparare a rimanere immobili, osservando le forme che assumono i nostri pensieri e le nostre emozioni, non lasciandoci sommergere da essi. La posizione meditativa, soprattutto sedendo a gambe incrociate, favorisce una ricerca fisica dell’immobilità mentale ed emozionale che ci permette di essere testimoni di un fenomeno, senza mai diventare il fenomeno stesso.
Possiamo fare esperienza di questo quando inizia a serpeggiare questa cupa sensazione di solitudine, mentre siamo in casa e arriva l’imbrunire, oppure quando siamo addirittura tra la folla e ci sentiamo stranamente soli.
Possiamo cercare un luogo dove meditare, fermandoci subito e ponendoci in ascolto, per cogliere cosa cela la sensazione della solitudine, perché si è generata, perché proprio in quel momento e non un attimo prima o un attimo dopo, cosa l’ha lasciata emergere o cosa l’ha scatenata.
Potrebbe dissolversi solo perché la stiamo osservando o, al contrario, potrebbe persistere; in ogni caso è esperienza, vita, osservazione che genera progresso personale.
Le emozioni sono onde potenti che possono distruggerci e spingerci verso il fondo; oppure, possono diventare splendidi e maestosi ammassi di cristallino liquido in movimento, sulle creste dei quali salire in alto, per vedere quello che dal basso è invisibile.
Perché nella vita si può sempre scegliere. Dipende da noi. Meglio fare surf sulla tavola della nostra consapevolezza e cavalcare i marosi delle emozioni.
Ci salva la vita, e …..è più divertente.

 (Articolo pubblicato sul n. 28 della Rivista “Vivere Lo Yoga” settembre-Ottobre 2009 editore Cigra 2003 srl Milano che si ringrazia per la gentile concessione)
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