Siamo tutti una radice

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Siamo tutti una radice

sintesi di Anna Orsini

Erminia Cevro Vukovic è l’autrice dell’articolo “Siamo tutti una radice” pubblicato sul numero 137 di ottobre 2019 della rivista Yoga Journal.

Nel 1988 il Maestro B.K.S Iyengar  nel suo libro Yoga Viksa, l’albero dello Yoga,  usò la metafora dell’albero per illustrare gli otto  passi (anga) del cammino yogico:

– Alle Radici corrispondono gli yama (astensione dalla violenza, dalla cupidigia, dalla fatalità, e dalla lussuria)

– Al Tronco si riferiscono i niyama (principi di giusto comportamento che coincidono con pulizia, impegno, studio, fede e abbandono al divino)

– I Rami sono gli asana (posture non solo fisiche ma anche mentali e spirituali)

– Alle Foglie corrisponde il pranayama (la scienza del respiro che porta alla creazione, distribuzione e mantenimento dell’energia vitale)

– La Corteccia è il pratyahara (ritrazione dei sensi, attenzione portata dall’esterno all’interno, dalla pelle al centro silenzioso dell’essere)

– La Linfa è dharana (concentrazione, attenzione focalizzata)

– I Fiori sono dhyana (matrimonio divino del corpo con lo spirito e dello spirito con il corpo, l’armonia meditativa)

– Il Frutto rimanda al samadhi (la liberazione dove intelligenza e consapevolezza scorrono insieme e confluiscono nell’anima)

In questa immagine yogica dell’albero manca però la considerazione del fatto che le vere piante non sono separate le une dalle altre, sono collegate attraverso le radici, sono capaci di elaborare strategie collettive e si aiutano reciprocamente ( Jonathan Silveston “ La vita segreta dei semi).

Stefano Mancuso, scienziato che studia l’intelligenza delle piante, nel suo libro “La Nazione delle Piante”, ci invita a considerarle come “una comunità di mutuo appoggio”. L’apparato radicale è costituito da un numero astronomico di apici radicali; le “cellule intelligenti”, che in un albero possono essere centinaia di miliardi. La rete complessa delle radici diffuse nel suolo può rivaleggiare con quella neurale degli animali ( ormoni compresi).

Le radici del 90% delle piante vivono in simbiosi con funghi che, in cambio di zuccheri, assistono le piante favorendone la nutrizione minerale (biofertilizzatori)  la difesa da stress (bioprotettori) e le aiutano nella comunicazione e nello scambio di nutrimento. Sottoterra c’è una collaborazione simbiotica, intelligenza e socialità.

Stefano Mancuso teorizza un mondo più equo e giusto, se gli uomini adottassero i principi della “nazione delle piante”.

I praticanti dovrebbero quindi essere sì radicati a terra, se protesi verso il cielo, ma anche consapevolmente connessi gli uni agli altri, coltivando generosità e gentilezza amorevole. Buddha diceva che è difficile progredire nella vita spirituale senza il sangha, la comunità dei ricercatori spirituali. I compagni con cui dialogare ci sostengono e ci nutrono come fanno gli alberi fra loro.

In una classe di yoga, l’attitudine competitiva che acquisiamo fin da bambini, va combattuta. La pratica spirituale non si può misurare o comparare, deve coincidere il più possibile con una ricerca gioiosa, priva di giudizi e valutazioni. I paragoni portano a invidie, rancori e tristezza.

Spesso la necessità di essere “ bravi” o comunque “ più bravi degli altri” nasce da un senso di isolamento e dall’illusione di entrare in connessione mostrando le nostre capacità. Noi siamo già parte di un tutto, siamo già connessi. Ogni volta che inspiriamo una parte del mondo entra in noi e ogni volta che espiriamo una parte di noi entra nel mondo. Scegliamo  dunque ambiti e pratiche che favoriscono amicizie, solidarietà e gentilezza. E restiamo consapevoli che nessuna nostra azione, emozione, pensiero è indipendente dal mondo. Ciò spezzerà l’isolamento.