Secoli di Meditazione

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Secoli di Meditazione

sintesi di Luisa Bafile

Frédéric Rosenfeld è l’autore di un lungo ed interessante articolo pubblicato nella sezione Mente & Cervello della rivista Le Scienze, n. 97 – Gennaio 2013, mensile di psicologia e neuroscienze.
L’autore definisce che il termine “meditare” ha diversi significati. Nel senso comune odierno significa “riflettere su qualcosa”, “pensarci su”. Agli inizi del XV secolo significava “riflettere su un mistero della religione”.
L’origine della parola può ricondursi ai termini latini “meditari” e “mederi” che significano “curare, prestare cure”, segno che ai popoli antichi era chiara la connessione tra pratica meditativa ed effetto terapeutico sul piano fisico, psicologico, mentale e spirituale.
La pratica della meditazione ha una storia antichissima. Le differenti tradizioni meditative affondano le loro origini in movimenti filosofici o religiosi, ancora oggi conosciuti e diffusi anche nel mondo occidentale.

Il Taoismo – “Tao” è una parola difficile da tradurre poiché racchiude in sé significati diversi in rapporto alle diverse origini, epoche, luoghi. Può essere intesa come “via, cammino, direzione”; indica il corso spontaneo e naturale delle cose e rappresenta una struttura che ordina l’intero universo e al cui interno il Qi fa circolare il suo principio energetico.
Il Taoismo è un movimento di pensiero che risale probabilmente a prima del 2000 a.C.; esso fonde in sé diversi movimenti mistici, filosofici e scientifici. Questa caratteristica “multiforme” gli ha consentito di sopravvivere nei secoli adattandosi ad altri movimenti filosofico-religiosi, come il Buddhismo. Nel suo spirito originario il Taoismo ha ispirato i principi della medicina cinese, della gestione politica, della cosmologia e delle arti divinatorie, oltre a diverse pratiche meditative come il Tai Chi Chuan, il Qi Gong, il Do In, le arti marziali cinesi e giapponesi.
Nel Tao-te-king, una delle opere fondamentali del Taoismo, ci si riferisce all’esistenza di un principio unico, invisibile, impalpabile, da cui emerge la molteplicità della creazione.
Attualmente sono in uso diverse pratiche meditative ispirate al Tao, la cui finalità comune è il lavoro sul Qi per favorire la circolazione di questo respiro interiore. Alcune meditazioni taoiste richiedono al praticante di sviluppare nella mente l’equivalente del Shamatha, uno stato di calma interiore. Sono le pratiche sviluppate nella cosiddetta “scuola del Nord”. Altre, nella cosiddetta “scuola del Sud”, invitano ad applicarsi sui centri legati alla circolazione del Qi nell’organismo, e cioè sul respiro. Ma nel Taoismo, il confine fra corpo e mente resta sfumato. Alcune pratiche, poi, richiedono una postura seduta e immobile; altre prevedono movimenti dolci e ripetuti.

Il Buddhismo – E’ nato nel VI° secolo a.C. nel Nord dell’India, ispirato da una figura storica, il principe Siddharta Gautama. Stando alle fonti, dopo una lunga giovinezza all’interno del palazzo reale, che lo proteggeva dalle sofferenze che affliggono il genere umano e gli consentiva di dedicarsi ai piaceri terreni, conobbe il mondo esterno. Ma ne fu sconvolto e fuggì dalla sua dimora: aveva preso coscienza della sofferenza, della malattia, della miseria e della disperazione dei fratelli umani. E meditando nei pressi di Benares trasse ispirazione per le sue “quattro nobili verità” sull’origine e sui rimedi contro la sofferenza.
Dunque, originariamente, il Buddhismo si propone di rimediare alla sofferenza umana attraverso una migliore conoscenza dell’Io e praticando regole semplici e universali; tuttavia, alcuni rami del Buddhismo hanno divinizzato l’uomo Siddharta e il suo messaggio. E in effetti, attraverso la meditazione buddhista, il praticante può arrivare a percepire gli effetti di una unione estatica, di un principio cosmico unificante e della compassione verso ogni essere: le stesse esperienze che si incontrano nell’unione con il divino.
Le tecniche meditative buddhiste sono molto diverse fra i vari movimenti (scuole cosiddette Theravada, Mahayana, Vajrayana) e i vari luoghi geografici (Thailandia, Birmania, Giappone, Cina, Tibet, Vietnam). Gli elementi comuni riguardano il Shamatha e Vipassana, ma differiscono le vie per realizzarle. Ad esempio, l’importanza attribuita alla postura è variabile: nella scuola zen giapponese è un elemento essenziale della pratica; altre scuole, come il Vipassana indo-birmana, sono più accomodanti. Altre scuole ancora invitano alla pratica meditativa deambulatoria: il camminare nella piena consapevolezza del Vipassana, il Kinhin dello Zen Soto, o perfino in condizioni insolite, come sotto una cascata d’acqua, nel Takigyo giapponese.
Con il tempo i vari metodi si unificano o divergono, in base al tipo di mente che la loro pratica sviluppa: ad esempio, la pratica dello Shiné tibetano si avvicina a quella dell’Anapa indo-birmano poiché entrambi rivolgono l’attenzione al respiro. Analogamente, la meditazione tibetana Dmigs medsnying rje si avvicina alla pratica della Metta bhvana indo-birmana, poiché entrambe fanno scaturire la compassione e l’amore incondizionato verso gli esseri sensibili. Ma questa compassione può essere anche il frutto della Tonglen tibetana, che attiva intensamente l’immaginazione creativa: qui il praticante immagina di inspirare le sofferenze del prossimo sotto forma di un vapore che svanisce dentro di sé e dà luogo a una luce scintillante e magnanima che egli emana ad ogni respiro. E nel Giappone buddhista, il Kyan è un potente sostegno per la meditazione, attraverso una formula o una storia che sembra assurda: il Koan zen che il maestro propone all’allievo spinge quest’ultimo ad uscire dagli schemi della razionalità per dirigersi verso il risveglio spirituale (Satori).

L’Induismo – Si tratta di un universo concettuale ricco e variegato nelle sue origini, che permea i campi filosofico, morale, teologico, scientifico e cosmologico del subcontinente indiano. Come il Taoismo, è una costellazione di movimenti culturali piuttosto che un insieme rigido di credenze.
Nei secoli, l’Induismo è sbocciato in diversi sistemi e scuole filosofiche: tra questi lo Yoga, che si propone l’armonia e la riunificazione dell’insieme corpo-mente attraverso posture del corpo o delle mani e tecniche di respirazione. Nella filosofia dello Yoga, il Prana ha un ruolo centrale: è un concetto affine al Qi cinese, una energia che permea il cosmo ma circola anche nel corpo fisico proprio grazie alla pratica dello Yoga. Lo Yoga però, pur nascendo nella culla dell’Induismo, non ne trae gli aspetti dogmatici, religiosi o dottrinari.

In merito alle due colonne della pratica meditativa, in generale, è possibile ritrovare elementi costanti comuni alla gran parte delle tecniche meditative, a prescindere dalle origini culturali e storiche che le distinguono.
Il primo elemento è il “Shamatha”, un termine che significa “tranquillo, pacifico” e che indica come la meditazione procuri una notevole e duratura calma mentale. L’atto del meditare, in realtà, può portare alla comparsa di momenti drammatici come accessi di angoscia, il riaffiorare di emozioni dolorose, l’accelerazione del battito cardiaco. Tuttavia, questi momenti tormentati restano episodici, poiché il Shamatha comporta uno stato di fondo sereno che perdura oltre i tempi della meditazione e riguarda il rapporto costante fra il sé e il mondo esterno. Il Shamatha non è una tecnica in sé, è possibile accedere a questo stato attraverso varie tecniche, ciascuna delle quali invita a concentrarsi su un oggetto preciso: il respiro, la contemplazione di un fiamma, il colore di un oggetto o un’immagine mentale.
Il secondo elemento comune alla maggior parte delle pratiche meditative è il Vipassana o “visione chiara, attenzione consapevole”. Il Vipassana ci fa percepire le cose come sono, e ciò è possibile solo grazie a una mente sgombra dalle proprie convinzioni e da schemi a loro volta frutto delle proprie paure. Inoltre, Vipassana è la tecnica per entrare in una conoscenza più chiara del proprio essere profondo, il mondo psichico, sensoriale ed emotivo che governa il nostro comportamento in modo per noi quasi inconsapevole.
La parola “Vipassana” indica anche una precisa tecnica meditativa di ispirazione indo-birmana, la cui origine sarebbe stata riscoperta dal Buddha. Si richiede di dedicare un’attenzione assidua e distaccata alle sensazioni corporee che sorgono, si evolvono e scompaiono istante per istante sulla superficie del corpo o nelle viscere. Per arrivare a questa attenzione è comunque necessaria una pratica assidua e minuziosa. Il Vipassana permette a chi pratica con assiduità di sviluppare la qualità mentale dell’equanimità, cioè la costanza dell’umore, il distacco e la serenità al cospetto delle cose e dei fenomeni effimeri.

E’ possibile appartenere alla religione cristiana, musulmana o ebraica e praticare lo Zazen (la meditazione del Buddhismo zen) o l’Hatha Yoga o seguire i sentieri del Buddha, senza venir meno alla propria fede. Le pratiche meditative si armonizzano con la fede in Dio del praticante e addirittura la rinforzano e la sostengono. L’esperienza meditativa può portare il praticante a percepire l’unione estatica, un principio cosmico unificante, un amore compassionevole verso ogni essere.
Nel caso del Buddhismo, niente evoca l’esistenza di un essere supremo o di una trascendenza, anzi, in alcuni messaggi originari si propone di rimediare alle sofferenze umane attraverso la pratica di semplici regole, universali e indipendenti da un intento religioso. Dunque, non è necessario avere una fede, e neppure non averla,  per poter praticare la meditazione, che può quindi adattarsi all’uomo moderno, laico o credente.

In merito allo scopo della meditazione ci sarebbe poco da dire: in realtà, la meditazione non deve servire a niente, anzi, meditare implica ignorare quel che ci si aspetta, non prefigurarsi alcunché, non aspettarsi alcun effetto. L’atteggiamento del meditante è quello di non avere un’intenzione, è un agire senza agire. Tuttavia, nelle stesse tradizioni filosofico-religiose nelle quali affondano le origini delle pratiche meditative sono chiaramente espressi principi curativi: il Qi cinese ha ispirato la Medicina Tradizionale Cinese, e il Buddha storico cercava rimedio alla sofferenza dei fratelli umani attraverso le sue “quattro nobili verità”; allo stesso modo, il Prana, o energia vitale, dell’Induismo comunica il suo soffio vitale allo Yoga. Le tecniche meditative , come è noto da decine di secoli, svolgono un’azione benefica sul corpo e sulla mente.
In Occidente, già da parecchi anni, ci si affida ai giovamenti terapeutici delle pratiche meditative. Numerose ricerche internazionali, attraverso la misurazione di parametri fisiologici, neuro-immagini, elettroencefalogramma, elettrocardiogramma e rilevamenti statistici, confermano i benefici della meditazione. Questa alleanza fra la scienza occidentale e la coscienza delle tradizioni spirituali crea condizioni che arricchiscono entrambe. In questa scia, è stato creato alla fine degli Anni Ottanta il Mind and Life Institute, che si è proposto di favorire il dialogo fra il Buddhismo e gli scienziati aperti alla meditazione, per favorire lo scambio fra questi due mondi, attraverso studi scientifici che avvicinano i meditanti di diverse scuole e gli specialisti di scienze della mente e della salute.