RECESSIONE: una sfida nella pratica di Santosha

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RECESSIONE: una sfida nella pratica di Santosha

sintesi di Daniela Barbieri

Titolo interessante quello dell’articolo di Donatella Pavan apparso su Yoga Journal del febbraio 2009. La riflessione parte proprio dai problemi che la crisi economica mondiale sta causando sugli stili di vita di molta parte dell’umanità ma, per una volta, non se ne parla in termini catastrofici. La Pavan, per Yoga Journal, ha intervistato Maurizio Pallante ed hanno colloquiato sugli aspetti positivi che questa recessione potrebbe provocare. Pallante ha scritto il libro “La decrescita felice” ed è impegnato, in qualità di esperto, a favore del risparmio energetico e dell’ambiente.
L’intervista si annuncia degna di attenzione anche perchè ci propone un argomento sempre più attuale a cui tutti noi dovremmo dedicare qualche riflessione. Il titolo del libro è anche quello del movimento a cui Pallante si dedica nel tentativo di poter divulgare, in maniera sempre maggiore, le idee che stanno alla base del suo pensiero.
L’intervistatrice pone proprio la sua prima domanda partendo dal movimento, chiedendogli quali sono le basi sulle quali si fonda. Le sue riflessioni partono dalla convinzione che le risorse della terra sono limitate e dalla necessità di fermare una crescita che continua a sfornare rifiuti che, poi, devono essere smaltiti. Pallante sottolinea, prima di tutto, la differenza concettuale che esiste fra beni e merci. Può sembrare una spiegazione banale ma in realtà non è proprio così. Innanzitutto, le merci sono oggetto di scambio e sono quelle che di solito formano il prodotto interno lordo di un paese, mentre i beni non sempre sono oggetto di scambio, sono qualcosa di più vasto in cui rientra anche ciò che viene prodotto per usarlo in proprio, per condividerlo, o semplicemente donarlo.
Pallante afferma che non si dovrebbe pensare all’incremento del PIL, bensì del BIL ovvero il benessere interno lordo. Tutto ciò prevede un cambiamento psicologico non indifferente nelle persone. La società contemporanea, continua Pallante, è cresciuta pensando che la cosa più importante sia l’“avere” dimenticando molto spesso l’“essere”. E’ proprio questo che va riassaporato; dedicarsi alle persone e alle cose comuni danno un piacere che probabilmente nessun “avere” potrà superare. Questo dunque alla base del movimento di Pallante: le persone e il loro benessere al primo posto.
Chiariti i concetti base, la Pavan chiede quali siano gli obiettivi del suo movimento. Pallante spiega che alla base c’è la sensibilizzazione verso l’uso delle risorse che deve essere razionale e fondato su una tecnologia che possa migliorare la qualità della vita di tutti. Cita il caso della provincia di Bolzano dove per legge, dal 2005, tutte le case nuove o ristrutturate sono costruite su parametri energetici certificati che assicurano un risparmio energetico di molte materie prime, prima fra tutte il gasolio. L’esempio è sicuramente confortante ma dall’altra parte, afferma sempre Pallante, si continuano a fabbricare macchine sempre più grandi, costose e non utili per la salvaguardia dell’ambiente. Questo, naturalmente, non viene impedito perchè serve a far crescere il Pil nazionale.
Altro punto che sta a cuore a Pallante è la necessità di tornare ad usare la manualità. Negli anni è stata persa questa capacità, mentre sarebbe utile ritornare a scambi relazionali e non mercificati. Per l’ambiente sarebbe una boccata di ossigeno e per l’umanità un tentativo per diminuire la produzione, spesso inutile, di merci che poi dobbiamo smaltire. L’esempio più ovvio è quello dell’orto casalingo: coltivare verdura per il proprio consumo, non solo garantisce una qualità migliore del prodotto, ma evita di dover comprare nei supermercati che riempiono di imballaggi inutili.
Un altro tema importante riguarda le relazioni sociali. Affidare a terzi, dietro compenso, servizi alla persona che potrebbero essere svolti da ognuno di noi, è un impoverimento. Ci impedisce di donare il nostro tempo agli altri e riduce le relazioni affettive fra le persone. E’ importante riscoprire la solidarietà ed educare le generazioni più giovani a questo valore fondamentale della convivenza civile.
Pavan trova molto interessante questo ultimo punto, ma pone, nel caso si applicasse alla lettera ciò che Pallante auspica, il quesito della perdita di posti di lavoro,. La domanda è lecita e Pallante non si tira indietro esprimendo le sue opinioni. Egli è convinto che la creazione di posti di lavoro, di per sé, non serva a far crescere il Pil di una nazione; dati statistici alla mano afferma che il Pil cresce grazie alla meccanizzazione e non all’aumento dei posti di lavoro. Il lavoro deve servire al miglioramento di tutti gli esseri viventi, al contrario è spesso fonte di peggioramento della qualità della vita. La sua proposta è quella di diminuire i consumi energetici e di fermare l’importazione di energia creando un risparmio che andrebbe a beneficio di tutta la collettività.

L’ultima domanda che pone la giornalista al termine di questa interessantissima intervista riguarda la povertà che questa crisi ha riportato alla ribalta. La gente teme di diventare povera e vive questa crisi economica non come una possibilità di cambiamento ma come possibile demolitrice di un benessere conquistato e al quale non ha alcuna intenzione di rinunciare. Pallante afferma che per sentirsi poveri non basta esserlo. I poveri che vivono sotto la soglia di povertà in Occidente sono pochi. Ci sono però quelli che si possono definire poveri relativi, coloro che non hanno più la possibilità di acquistare il superfluo. Forse, dovrebbe cambiare la mentalità. Pensare che il superfluo sia davvero superfluo ed imparare a vivere senza. Ne acquisteremo in benessere psicologico e relazionale. Non sarebbe certo un impoverimento. All’interno dell’articolo, per chi fosse interessato ad approfondire queste tematiche è riportato anche il sito del movimento: www.decrescitafelice.it.