Patanjali

You are here: Home / Articoli Yoga / Patanjali

Patanjali

sintesi di Anna Orsini

Lorena Arcidiacono è l’autore di un articolo la leggenda del saggio Patanjali, pubblicato sul n. 131 della Rivista “Yoga Journal” del Marzo 2019.

L’autore, indagando sull’origine di Patanjali, si imbatté in una delle tante leggende che aleggiano sul saggio.

Un giorno Vishnu, sdraiato sul suo serpente Adisesa, fu talmente rapito dalla danza estatica che Shiva stava eseguendo davanti a lui che il suo corpo si mise a vibrare potentemente, divenne pesantissimo, tanto da togliere il respiro a Adisesa.” Finita la danza, il corpo di Vishnu tornò leggero e Adisesa saputo l’accaduto, chiese di poter imparare quella stessa danza per ispirare il suo signore. “Vishnu predisse che il Dio Shiva avrebbe premiato il Signore dei Serpenti per la sua devozione concedendogli di incarnarsi in un essere umano per insegnare agli uomini l’arte della danza e dello Yoga.” Adisesa scelse Gonika, una vergine devota allo Yoga, poverissima e pura di cuore, per essere la madre di questa straordinaria creatura. Ispirata, Gonika, offrì al sole, manifestazione della presenza divina, dell’acqua di sorgente racchiusa nelle mani a coppa nel gesto di Anjali Mudra, chiedendo che le mandasse un figlio. Appena riemerse dalla meditazione Gonika si accorse che nelle sue mani c’era un serpentello che, dopo essersi trasformato in un essere umano le chiese di accettarlo come figlio. Gonika gli diede il nome di Patanjali (Pata – caduto e Anjali il mudra delle mani in preghiera). C’è da stupirsi se dopo questa nascita miracolosa la tradizione vuole che Patajali fosse destinato ad una vita straordinaria?

Già dalla prima infanzia dibatteva con saggi, rishi e veggenti, di filosofia, grammatica, Ayurveda, musica; rivelava segreti dei tempi passati e prediceva il futuro. La forza della sua mente e del suo sguardo avevano il potere di incenerire. Visse una vita lunga e felice con Lolupa, una squisita creatura che gli apparve mentre passeggiava sulla vetta del monte Meru, montagna celestiale e centro dell’Universo.

Innumerevoli sono le leggende sulla figura di Patanjali. L’iconografia lo ritrae metà uomo, metà rettile, avvolto in tre spire e mezza che simboleggiano l’energia non manifesta, Kundalini. Le mani giunte in un gesto di saluto e di benedizione verso tutti coloro che desiderano approfondire lo studio dello Yoga e i suoi insegnamenti. Patanjali ha quattro braccia e quattro mani. Le altre due rivolte in alto: la prima mantiene Shankha, sacro emblema di Vishnu, la conchiglia che incarna l’energia del sacro suono Om, la seconda tiene un disco, Kalachakra, simbolo della legge di causa-effetto e l’impermanenza della Ruota del Tempo.

Si dice sia stato un grande danzatore, musicista e cantante. Si pensa abbia composto diverse raga (melodie della musica classica indiana) sul veena, antico strumento musicale. A tutt’oggi, prima che inizino a danzare, viene invocato ed omaggiato dai ballerini della tradizione classica. Alcuni studiosi, basandosi sulla sua profonda conoscenza del corpo umano e delle tecniche di preparazione dei rimedi atti a mantenerlo sano, attribuiscono a Patanjali un trattato medicina ayurvedica. Altri studiosi pensano abbia compilato il Mahabhashya, commento sulla grammatica di Panini, ove ridefinisce le regole del Sanscrito e ne amplia il vocabolario.

La sua nascita è avvolta nel più profondo mistero. Alcuni studiosi, basandosi sull’analisi del linguaggio e su altri elementi filologici, datano la sua esistenza intorno al II al IV secolo d.c.. Dall’uso e dallo stile degli aforismi di cui si serve nel presentare un argomento – stile che toccò il suo più alto apice tra il IV e il II secolo a.c. e di cui Patanjali fu il più alto esponente – altri studiosi ipotizzano che sia vissuto in quel periodo. Per cui la sua data di nascita può addirittura oscillare nell’arco di un millennio. Al mistero contribuisce l’anonimato – caratteristica dell’India antica  – dove la trasmissione della conoscenza da guru a discepolo era frutto di una cooperazione in costante divenire e di cui nessuno si attribuiva il merito.

Chiunque fosse, reale o leggenda, qualsiasi abilità avesse o gli fosse attribuita, il Rishi Patanjali ha lasciato ai posteri un dono di valore inestimabile, gli Yoga Sutra, codice e parametro della via Yoga all’illuminazione. I 195 aforismi parlano così eloquentemente alla coscienza umana da attraversare ogni epoca e cultura .Una luce nelle tenebre dell’ignoranza e dell’infelicità, una guida, un sostegno nella ricerca di noi stessi e della verità.