L’impermanenza

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L’impermanenza

sintesi di Annalisa Ceccatelli

Judith Hanson è l’autrice dell’articolo “Dopo il bucato ancora bucato” pubblicato sul numero 138 di novembre 2019 della rivista Yoga Journal.

Come i lavori domestici che non si concludono mai, l’impermanenza è “la natura della condizione umana”, una verità che la nostra mente conosce bene, ma che il nostro corpo fatica ad accettare. Abbiamo bisogno di stabilità e sicurezza, ci sconcerta la morte nonostante sia l’aspetto più prevedibile della vita.

Per la pratica delle asana troviamo all’inizio un progresso veloce, dopo alcuni anni sempre meno evidente, fino a quando non ne possiamo più praticare alcune per incidenti subiti o problemi di flessibilità dati dall’avanzare dell’età.

E’ una cosa naturale perdere con il tempo l’elasticità, accettarlo ci dà la possibilità di comprendere più a fondo il concetto di impermanenza.

In India c’è un modello sociale tradizionale induista “Asbrama” (fasi della vita) che stabilisce quattro momenti della vita in cui dovremmo fare alcune cose:

– “brahmacharya (comportamento brahmi)”: fase dello studente nella quale impariamo com’è il mondo

– “grihasta (capofamiglia)”: è il momento della famiglia e della socialità

– “vanaprarahsta (abitante della foresta)”: si può cominciare una vita contemplativa

– “samnyasa (rinuncia)”: si rinuncia a tutto e si vive come un semplice mendicante

Questo modello ci fa comprendere come sia importante e saggio accettare gli inesorabili cambiamenti nella nostra vita.

Gli Yoga Sutra di Patanjali iniziano così “Atha yoga anushasanam” (ora, una descrizione dello Yoga), il significato è riconoscere l’importanza dello studio della yoga in questo momento, nel momento presente e il corpo, il respiro e le emozioni qui ed ora.

Riconoscere il Sè eterno porta alla pace interiore, dobbiamo pensare ad un quadro più ampio e generale per non perderci in cose futili. Il senso della vita secondo Judith: “passare da una fase all’altra, ricordandosi di accettarle tutte, abbracciando l’impermanenza”.