Il Silenzio

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Il Silenzio

sintesi di Luciana Coen

In un articolo pubblicato sul n. 43 della rivista Yoga Journal – maggio 2010, un monaco buddhista zen, Giuseppe Jiso Forzani, interpreta il significato del silenzio oggi.
Con l’incipit de “L’infinito” di Giacomo Leopardi, l’autore ci introduce nella riflessione sul significato del silenzio ai giorni nostri, con due domande sul senso di argomentare sul silenzio e sulla sua definizione.
Silenzio è una parola assoluta, come appunto l’infinito del poeta, non si può né ascoltare né immaginare.
Già mentre la si pronuncia, la si nega. Perchè tutto ciò che esiste al mondo ha un suono, una sua voce, una seppur lieve infinitesimale vibrazione sonora.
Dove c’è coscienza, c’è suono, non esiste il silenzio assoluto.
Cosa significhiamo, quindi, quando parliamo di silenzio?
Secondo il monaco buddhista quando pronunciamo la parola silenzio, significhiamo l’aspirazione, la nostalgia, l’attesa, la tensione al sovrumano, una finzione perciò del pensiero stesso.
È il nome della pace infinita, quando tutto s’acqueta, profondamente, nell’eterno riposo. Come la morte, così il silenzio, quando è presente, noi non lo siamo più. È la contraddizione insanabile, perchè accedere al silenzio equivale alla rinuncia del suo godimento, poiché più non siamo. Il silenzio è la voce di Dio, perciò nessuno lo ode.
Per noi umani, si conviene definire silenzio il tacere, lo smorzarsi dei suoni e rumori, l’affievolirsi del brusìo. Il necessario passaggio successivo diventa la condizione in cui porsi: dal parlare de il silenzio allo stare in silenzio, nel silenzio, il requisito indispensabile per stare, porsi in ascolto.
Il silenzio, quindi, da noi inteso, è un atteggiamento, un comportamento di ascolto. Si ascolta non il silenzio (già è contraddittorio utilizzare per il silenzio un verbo usato per i suoni, come ascoltare), ma in silenzio, diminuendo sempre più il volume dei moti, voci e suoni interiori, deponendo così ogni intenzione, ogni attesa.
Fare silenzio: solo in questo modo è possibile sentire la voce della realtà, dell’altro.
Ma è proprio questa attitudine che sembra venire meno nel mondo attuale. Una difficoltà sempre più crescente a fare a meno dei suoni, dei rumori, del brusìo di sottofondo che ci accompagna costantemente, quasi un rifiuto a stare in silenzio per stare in ascolto in silenzio.
Il silenzio viene considerato in antitesi al suono, divenuto espressione di vitalità, di movimento; non ultimo, viene considerato una cosa, un bene di consumo. Così il silenzio non ci appartiene quasi più, la capacità di ascolto si riduce fino a farci alzare il volume sonoro e moltiplicare i suoni.
Il silenzio, l’attitudine a stare in silenzio, risulta sempre più insostenibile.
Ma come conclude l’autore con gli ultimi versi del poeta: e l’ naufragar m’è dolce in questo mare, nell’infinito silenzio dove si incontra, si sperimenta l’eterno.