I Sadhu, santi dell’India

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I Sadhu, santi dell’India

sintesi di Valentina Claudi

Lorena Arcidiacono è l’autrice dell’articolo “I Sadhu, santi dell’India. Leggende e simboli straordinari dei figli dell’Induismo” pubblicato sul n. 141 di Marzo 2020 della rivista Yoga Journal.

In India ci sono attualmente circa 5 milioni di Sadhu (tradotto dal sanscrito: colui che pratica un sadhana) tra cui anche molte donne (dette Sadhvi). Si tratta di mistici che hanno lasciato i beni materiali, la famiglia, la posizione sociale e ogni attaccamento, per vivere di pratiche ascetiche di estrema durezza, attraverso le quali sfuggono al ciclo delle morti e rinascite (samsara) bruciando più rapidamente degli altri i loro karma passati.

Vivono spesso in modo itinerante, affidandosi alle donazioni, e la loro giornata viene trascorsa prevalentemente seduti presso il dhuni: un fuoco sacro che non deve spengersi mai, consacrato alla Shakti, che purifica l’energia del Sadhu dando benefici fisici e mentali.

Molte migliaia di anni fa in una remota regione dell’Himalaya, vissero i Sapta Rishi, considerati i predecessori dei Sadhu. Furono uomini illuminati e saggi che vivevano in armonia con la natura, scrivani degli inni vedici, e i primi a sviluppare concetti di medicina, letteratura, astronomia,  cosmologia e matematica, tanto da essere citati da Einstein, Tesla, Schrodinger, Capra e molti altri scienziati.

Oggi i Sadhu sono molto rispettati dalla popolazione indiana, spesso sono chiamati Baba (in Hindi significa padre) dato che si ritiene che le loro pratiche aiutino a liberare il karma di tutta la comunità, oltre al loro personale.

Ogni 3 anni viene celebrato il Khumba Mela, che è il loro raduro, che si svolge a rotazione in una delle quattro città situate lungo i fiumi sacri. I pellegrini si radunano numerosi per questa rara occasione, durante la quale i Sadhu si riuniscono andando in processione e facendo un bagno rituale di purificazione nel fiume.

Per diventare Sadhu occorre seguire un guru per molti anni. Anche molti occidentali lo sono diventati a partire dagli anni ’70.

Esistono molti ordini di Sadhu, che si distinguono per il colore delle vesti, per il disegno del tilaka (segno al centro della fronte), per i capelli portati rasati o lunghissimi con dreadlocks, oppure per la scelta di vivere in caverne, giungle, montagne, templi o centri urbani. Alcuni Sadhu (dell’ordine dei Naga) sono nudi e cosparsi di cenere bianca simbolo di rinuncia, altri (chiamati Standing Baba) hanno fatto voto di non sdraiarsi, né di sedersi mai più, pertanto vivono sospesi su una specie di altalena dove appoggiano solo il busto.
Esistono poi dei monaci indù molto temuti, gli Aghori, che vivono presso i luoghi di cremazione, usano teschi al posto delle scodelle, indossano collane di ossa, e sono seguaci di Shiva nella forma di Bhairava, potente Dio della morte e distruzione. I loro rituali sono molto antichi e per noi occidentali difficili da comprendere.