Hari Yoga: Yoga Integrale di Tradizione Tantrica

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Hari Yoga: Yoga Integrale di Tradizione Tantrica

a cura di Marco Mandrino e dell’associazione Hari-om

Hari è il 650° nome di Vishnu come scritto nel “Vishnu Sahasranama” e significa “colui che rimuove” con riferimento agli ostacoli da rimuovere lungo il cammino spirituale.
Vishnu è la qualità divina della preservazione e rappresenta il Divino portato nel mondo. Se Shiva rappresenta gli stati più alti ed eterei della mente, Vishnu e le sue incarnazioni (come Krishna) rappresentano il cuore e l’amore.
Hari-Yoga non è solo uno stile con delle peculiarità tecniche, ma è un invito a vivere lo Yoga nel quotidiano. Un risveglio per essere completo nella mente, nel cuore e nelle viscere. La qualità del risveglio nella mente è portatrice di chiarezza e saggezza. La stessa qualità nel cuore mette l’amore nel centro del vivere quotidiano, nelle viscere dona stabilità e regala quell’innocenza che rende “nuovo” ogni istante. Quello che è considerato”lo Yoga classico” con il suo accento al raggiungimento del Samadhi è in qualche modo non completo. E’ possibile raggiungere stati alterati della mente e Samadhi profondi durante la meditazione e al contempo abbassarsi ad atti meschini come picchiare il cane o litigare con i vicini per motivi futili. Lo “Yoga Classico” è il frutto del periodo compreso tra la morte di Cristo e il medioevo, l’era del ferro e dell’oscurantismo , il periodo nel quale Kali Yuga ha avuto le sue influenze più profonde. Un’epoca caratterizzata da spaccature e divisioni dove ogni tradizione richiamava a sé la sua diversità e unicità e in qualche modo il primato sulle altre.
Hari-Yoga ha le sue origini nei Veda in ciò che è chiamata Sanatama Dharma (legge infinita ed eterna) dove tutte le tradizioni dello Yoga e della spiritualità hanno un origine comune. Ogni tradizione e scuola ha una sua importanza, i punti in comune sono molti di più e di qualità superiore rispetto a quelli di distinzione, in pratica ogni tradizione è un semplice punto di vista di un’unica realtà. In questo contesto Hari-Yoga riconosce l’influenza fondamentale del Tantra e dell’Advaita e Bhakti Vedanta, dei vari Maestri, Rishi e mistici di ogni epoca e tradizione come Ramakrishna, Anandamayi Ma, Santa Teresa d’Avila, Ramana Maharshi, Maister Eckart, Sri Auroibindo, Krishna, Yoganda, Kabir, Neem Karoli Baba, Lao Tzu e molti altri esempi di come la luce possa risplendere in forma umana. Nei Veda lo Yoga è chiamato Yajna che significa “sacrificio”.
Con il termine “sacrificio” si intende la perdita dell’Io individuale per confluire nell’universale, l’essere tutto e niente allo stesso tempo, danzare nel vuoto con ciò che è Divino.
In questo senso lo Yoga prende vita dal Bhakti, ovvero dalla devozione, e non è un semplice insieme di tecniche per diventare più belli e flessibili o per sperimentare stati alterati della coscienza. Lo Yoga in occidente diventa spesso un’altra pratica di accumulazione. Questo non è certo colpa di una scuola specifica o di un maestro ma è un approccio mentale insito alla nostra civiltà. Si cerca di primeggiare eseguendo posizioni sempre più difficili o di avere esperienze sempre più profonde. La pratica dello Yoga così si trasfigura nell’ennesimo gioco in cui bisogna vincere mentre, in realtà, è semplicemente la via per comprendere meglio noi stessi e gli altri. Lo Yoga, tradizionalmente, non è neppure acquisire nuove conoscenze.
La materia spirituale è avvicinata come uno dei tanti “oggetti” che già ingombrano la nostra vita come se l’accumulo d’informazioni sia in grado di avvicinarci alla verità assoluta. La stessa cosa accade con le emozioni. Anche in questo caso si cerca di accumulare più sensazioni ed esperienze possibili. Una volta acquisite, il divertimento consiste nel compararlo con quello degli altri e la spiritualità diventa più una “cosa” di cui parlare che non un qualcosa da vivere. La “spiritualità” intesa come accumulazione spesso non è altro che la sostituzione di idee con altre… Lo Yoga, però, è andare oltre le idee. Lo Yoga è un approccio verticale dove la conoscenza è solo la base per superare i limiti dove solo la “non mente” può arrivare. Attraverso l’esperienza del Bhakti Yoga è più semplice abbandonare ogni controllo.
Uno dei pesi che più influenza il nostro vivere quotidiano in questa epoca è il tentativo costante di voler mantenere tutto sotto controllo. Utilizziamo la maggior parte delle nostre energie per controllare l’ambiente, gli altri e noi stessi. Il risveglio è possibile solo quando non c’è più controllo. Il prodotto del controllo è la rabbia che permea la nostra vita sia all’interno che dall’esterno ed è il collante che cerca di mantenere saldo il controllo. Se lasciamo andare il controllo è come morire, tutto diventa imprevedibile e solo in quell’istante la rinascita è possibile, solo in quel momento si può comprendere e fluire nello Yoga.

(Articolo pubblicato sul n. 25 della Rivista “Vivere Lo Yoga” Febbraio-Marzo 2009 editore Cigra 2003 srl Milano che si ringrazia per la gentile concessione)