Dharma, il dovere e la scelta

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Dharma, il dovere e la scelta

sintesi di Barbara Cianferoni

Il n. 23 – Maggio 2008 – della rivista Yoga Journal ha pubblicato un articolo d Marilia Albanese sul concetto del dharma. L’autrice sostiene che nella moderna lingua hindi la parola dharma significa semplicemente “religione” ma in realtà, essendo concetto base della filosofia induista, essa contiene in sé significati molto più ampi e complessi.

L’origine di tali significati si riferisce alla forza superiore, cui si allude già negli antichissimi testi indiani, i Veda, che determina l’ordinato dispiegarsi delle cose nell’universo, dove nulla è casuale. Oltre che legge di natura, volontà divina e verità, dharma è la norma che dà forma, stabilità e significato al mondo (dalla radice dhr che significa “tenere”). Include quindi i doveri sociali e religiosi che variano con l’appartenenza di casta, l’essere uomo o donna, le stagioni della vita.

Gli spiriti più illuminati dell’India, costatando come nel corso dei secoli molte delle regole enucleatesi attorno al dharma si sono trasformate in eccessi e strumenti di prevaricazione, antepongono a questa dottrina lo svadharma, cioè la missione che ciascuno è chiamato a realizzare nella vita, nel rispetto della propria natura e del cammino spirituale percorso, mettendo a frutto i talenti di cui si dispone nell’ambiente familiare, sociale e naturale in cui si muove. La spiegazione del rapporto dharma-svadharma si trova nel “Canto del Beato” la Bhagavad-gita, famosa sezione del Mahabharata, la grande epopea indiana, dove l’eroe Arjuna vive la lacerazione fra il suo dovere di guerriero, che gl’impone l’uso della violenza, e la sua ragione che lo nega. Gli viene in aiuto Krishna, incarnazione del dio Vishnù, facendogli comprendere che la soluzione non è il “non” fare, ma il “come” fare, per cui rinunciare alla battaglia sarebbe solo una fuga. Non ci si può sottrarre al dharma, al dovere che si è chiamati a compiere, ma l’atteggiamento interiore con cuilo si compie deriva dalla consapevolezza del proprio sé e dall’impegno che ci si assume nei confronti della vita: tale è lo svadharma.

Confrontarsi con il dovere è più impegnativo che eluderlo o subirlo, richiede una scelta consapevole sia che lo si accetti sia che lo si rifiuti, assumendosene le responsabilità che ne conseguono. Tale scelta è resa possibile con un progressivo percorso d’elevazione basato sullo yoga, considerando le proprie inclinazioni naturali e prendendo coscienza dei propri limiti e possibilità. L’uomo consapevole della propria scelta, come Arjuna dopo l’intervento di Krishna, segue dunque la via di mezzo fra chi è coinvolto nel mondo e ne resta intossicato e chi si ritira in un eremo illudendosi di non farsi coinvolgere dalla vita.

La difficoltà nel percorrere la via di mezzo fu delineata nel VI secolo A.C., prima ancora della Bhagavadgita, da Buddha, il quale predicò una dottrina centrata sull’impegno quotidiano e sulla testimonianza di vita che venne chiamata “Dharma” e che è, assieme al Buddha stesso e al Sangha – la comunità monastica, uno dei tre gioielli del Buddhismo.