Chakra e Meditazione: Punti di Focalizzazione

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Chakra e Meditazione: Punti di Focalizzazione

di Antonella  Spotti

Questo mese ho deciso di introdurre l’argomento dei Chakra in rapporto alla meditazione, perché si tratta di una materia che suscita molto interesse tra i cultori dello Yoga. Voglio subito precisare che non condivido il modo superficiale in cui da molti anni si parla di tutto ciò che rappresenta il lato “metafisico” dello Yoga e non desidero cadere nel medesimo errore; per questo è mia intenzione non discostarmi troppo dall’aspetto pratico, in favore di astruse e complicate teorie . Come prima cosa è utile sintetizzare – nella maniera più semplice possibile – il concetto stesso di Chakra. Il vocabolo (sanscrito) significa genericamente “ruota” e si riferisce nel contesto a vortici energetici composti di sostanza immateriale con diversi livelli vibrazionali. Ciò ne sottolinea la collocazione: essi sono presenti nel Pranamayakosha, ossia nella parte “sottile” ed energetica del corpo umano. Si tratta di una definizione estremamente semplificata e generalizzata, in quanto il “corpo pranico” è solo uno degli “involucri” (kosha) che la tradizione attribuisce alla struttura umana nel suo complesso. In effetti i Chakra sono connessi anche a livelli più raffinati di energia e materia sottile, come i piani emozionale, mentale, ed altri che per ora non menzioneremo .
Dunque i Chakra non devono essere confusi con qualcosa di materiale. Essi sono allineati dalla base del tronco (zona anale) sino alla sommità del capo. Come tutti i cultori dello Yoga sanno, sono sette. Ciò che non tutti sanno, invece, è quanti d’essi sono accessibili all’essere umano, in termini di concreta funzionalità. Tre sono i Centri attivi: il primo (Muladhara), vicino all’ano; il secondo (Svadhistana), sotto l’ombelico e il terzo (Manipura), in prossimità del diaframma. Le collocazioni tradizionalmente riportate sono esclusivamente indicative dei punti di focalizzazione mentale durante la pratica, perché questi centri non possono essere effettivamente ricondotti alla collocazione tridimensionale propria alla materia conosciuta. Il quarto (Anahat), il quinto (Vishudda), il sesto (Ajna) e il settimo (Sahasrara) sono considerati dalla tradizione iniziatica come inaccessibili all’uomo comune, essendo connessi ai piani di coscienza e livelli evolutivi che si pongono al di sopra della consapevolezza dei non iniziati. In effetti una pratica seria dello Yoga, inteso come Scienza evolutiva, dovrebbe partire da un profondo e completo lavoro sui primi tre centri, per sviluppare le condizioni energetiche, psichiche e spirituali, che possono attivare il Quarto (perno fondamentale di un ascesi interiore consapevole e consona alle leggi dell’evoluzione di questi universi).
E’ noto che nell’epoca moderna si dia una  grande importanza ai cosiddetti “centri superiori”, come ad esempio al terzo occhio, dimenticando (o totalmente ignorando) che se dal basso non si muove una sufficiente quantità d’energia – convenientemente raffinata – in alto non accade proprio nulla. I tre centri “inferiori” rappresentano il motore di uno sviluppo consapevole effettivo e non illusorio. Si deve considerare anche il fatto che tutte le tecniche di concentrazione e di meditazione yogica hanno un duplice effetto: interagiscono sulla struttura fisica e su quella sottile. Per questa ragione è possibile sperimentare sensazioni o effetti “paranormali” anche solo per la sollecitazione dell’emisfero cerebrale e del sistema nervoso, da parte delle metodologie proprie allo Yoga. Ciò può fornire l’illusione di sperimentare il potenziale dei centri superiori; questo accade perché ben pochi yogi e yogini moderni hanno anche solo la minima idea di cosa significhi attivare le funzioni dei Chakra più elevati. In altre parole nello Yoga moderno esiste molta Maya e ben poco Samadhi.
Di tutti i Chakra, Anahat riveste un ruolo primario per l’evoluzione individuale. Non si tratta solo della meta rappresentativa del primo vero passaggio ad una spiritualità potente e consapevole, ma anche di un Luogo Sacro nel quale sono custoditi segreti straordinari, connessi alla fusione tra spirito e materia, maschile e femminile, lunare e solare. Esso è quel passaggio al “Regno dei Cieli” di cui ha parlato Cristo, che non a caso è spesso raffigurato con il petto aperto, dal quale è visibile un cuore pulsante di luce. E’ la Casa dei mistici, la Grotta misteriosa nella quale può avvenire il miracolo dell’incontro con il proprio Maestro ed anche, in una concezione esoterica, il Collegamento possibile con i mondi spirituali e le Forze che governano l’evoluzione umana. Per questa ragione esso rappresenta, anche in questa epoca, un importante centro di focalizzazione per la meditazione, anche se la sua reale “accensione” non è possibile prima di aver raggiunto un elevato grado di consapevolezza ed evoluzione individuali.
E’ però il luogo della Pietà Divina, tramite il quale potrebbe compiersi il miracolo che possiamo simboleggiare come “il pane … di domani”. Rimane il fatto che per “lavorare” sul Quarto Chakra è necessario impegnarsi nella creazione di una stabilità basale psicofisica, emozionale, sessuale e mentale; vale a dire, praticare con perseveranza e serietà una sadhana mirante a raffinare, attivare e controllare l’energia propria ai tre centri inferiori.
Sfortunatamente non si tratta di un percorso che può essere appreso da chi possiede una semplice infarinatura della materia e tanto meno che sia accessibile tramite il “fai da te”. Serve una competenza concreta sulla struttura energetica e sottile dell’essere umano e la capacità, da parte di una Guida, di leggere i progressi interiori e psicofisici dell’allievo. Mentre il mondo delle Asana può risultare parzialmente espresso dalla “fisicità” con la quale oggi si approccia lo Yoga in generale, quello della metafisica rimane in uno scrigno sigillato per chi non ne possiede le chiavi di accesso. Chiunque ha reali conoscenze su questa materia, sa perfettamente che ciò è un bene. In questo articolo ho voluto tratteggiare alcuni aspetti più o meno conosciuti sull’argomento dei Chakra, gettando le basi per non incappare in facili equivoci nello sviluppo futuro di questa complessa materia. Nel prossimo numero proveremo a toccare qualche aspetto tecnico, soprattutto cercando di fornire utili e pratici dati aggiuntivi a coloro che praticano Yoga alla ricerca di una dimensione di consapevolezza interiore e spirituale.

(Articolo pubblicato sul n. 24 della Rivista “Vivere Lo Yoga” Dicembre 2008 – Gennaio 2009 editore Cigra 2003 srl Milano che si ringrazia per la gentile concessione)