1, 100, 1000 Yoga

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1, 100, 1000 Yoga

sintesi di Anna Orsini

Mario Raffaele Conti è l’autore dell’articolo “1, 100, 1000 Yoga”, pubblicato sul numero 143 di giugno 2020 della rivista Yoga Journal.

Oggi c’è una grande diffusione del termine sanscrito “yoga” e generalmente, nel richiederne il significato, ci si sente rispondere  “unione “. Non è sbagliato ma neanche del tutto vero.

Il professor Gianni Pellegrini, docente di lingua e letteratura sanscrita e filosofia e religioni dell’India e dell’Asia centrale presso il dipartimento di studi umanistici dell’Università di Torino, ha gentilmente risposto alle domande che Yoga Journal gli ha posto a proposito del significato di Yoga.

Il professor Pellegrini ritiene che non ci sarebbe la necessità di tradurre questo termine nelle varie lingue, visto che è uguale in tutte; il problema nasce dal fatto che gli studiosi attribuiscono significati diversi dato che hanno obiettivi e intenzioni diverse, che rispecchiano il contesto storico, filosofico e linguistico di coloro che traducono e interpretano.

Nel Rgveda, troviamo “yoga” con il significato di aggiogare, legare, ma ci sono anche riferimenti di tipo militaresco “armare un esercito, incoccare una freccia, comandare”, di tipo religioso “eseguire rituali e preghiere” e di tipo astronomico ”essere in congiunzione con… “.

Quindi  è abbastanza chiaro che non esiste un significato unico. Per avere una visione un pochino meno caotica, gli studiosi compiono quella che viene chiamata “indagine testuale dei campi semantici inseriti nel contesto d’uso”.

Le radici del termine yoga sono tre yuj (in latino iugum):

yuj nel significato di samadhi 

yuj nel significato di metodo, aggiogamento, unione

yuj nel significato di disciplinare

Nell’AmaraKosha (importante lessico di sanscrito scritto tra il VI e VIII secolo) la parola yoga ha 5 significati: prepararsi alla guerra, mezzo, contemplazione, unione e ragionamento.

Per chi pratica yoga è un shastra, una disciplina, un trattato, un corpus di testi e insegnamenti che non possono essere separati dalle pratiche.

(Shas = insegnare, istruire – Tra = mezzo tramite il quale si istruisce).

Secondo il monaco buddhista e traduttore Paramartha (VI secolo) “shas” è distruggere e “trai” è salvare, quindi shastra è il mezzo che distrugge l’avidya (ignoranza) e ci permette di distruggere duhkha (disagio).

Negli Yogasutra è un metodo che serve a unire o cambiare prospettiva.

Nelle Upanisad si parla di yoga Atman (dove Atman qui significa petto, cuore, sede di citta) e quindi lo Yoga agisce sul cuore, sulla mente, sulla coscienza.

Nella Bhagavad Gita lo Yoga è “ equanimità “ (equidistanza dall’attaccamento e dall’avversione, immobilità nell’azione e quindi distacco dal disagio).

Per Patanjali è l’istruzione sul metodo che permette di annullare le fluttuazioni di  “Citta”, quindi mezzo e fine che conduce al samadhi.

Teoria e pratica sono due realtà distinte solo in Occidente, mentre non lo sono nelle tecniche realizzative sud-asiatiche.

Un praticante occidentale non può fare a meno di leggere, viaggiare, confrontare i diversi insegnamenti, altrimenti ridurrebbe lo yoga a mera ripetizione di atti di cui non ha coscienza.

La teoria (shravana, ascolto ) permette di allargare le proprie prospettive e capire quale yoga si adatta meglio alla propria personalità .Quindi l’armonia tra teoria e pratica nel metodo di ricerca della liberazione potrebbe essere un altro degli infiniti significati attribuiti alla parola yoga.