La Parola è d’Argento

You are here: Home / Articoli Yoga / La Parola è d’Argento

La Parola è d’Argento

sintesi di Anna Orsini

Sul n. 8 della rivista Yoga +, Dicembre 2007-Gennaio 2008, è apparso un articolo che tratta il tema della parola. L’articolista afferma che tutte le religioni, tradizionalmente, considerano la scelta consapevole del silenzio come un esercizio fondamentale del pensiero spirituale.

Nell’Induismo il silenzio spiritualmente motivato viene definito con l’espressione mauna e, ovviamente, non ha nulla a che vedere con il silenzio motivato da emozioni negative, quali la timidezza, la rabbia o l’indifferenza.

Il mauna ha diversi livelli: vak mauna (semplice rinuncia a parlare), kashta mauna (rinuncia a qualsiasi forma di comunicazione), maha mauna (cancellazione delle attività mentali). Il mauna può essere praticato per brevi periodi o per tutta la vita e ha sempre lo stesso scopo: il raggiungimento del silenzio interiore, la pace della mente, il riposo nell’assoluto.

Lo yoga ricerca l’Uno, il Sé individuale divino. Esso è presente all’interno di ogni uomo e la sua scoperta è legata alla possibilità di immergersi profondamente al proprio interno.

L’uomo è costituito da cinque kosha (o involucri): il corpo fisico (annamayakosha), l’energia vitale (pranamayakosha), la mente (manomayakosha), l’intelletto (vijnanamayakosha) e la beatitudine (anandamayakosha). All’interno dei cinque kosha risiede il Sé (atma) uguale al supremo Sé (paratma).
Secondo la dottrina yoga, come mirabilmente descritto da Patanjali nel suo trattato “yoga-sutra”, oltre la materia e al mondo fenomenico, esistono altri piani e livelli di realtà, più sottili, più veri ed estesi, immortali.

Riducendo al silenzio i kosha, ovverossia trascendendoli, l’uomo raggiunge il samadhi, riposa nel Sé. La ricerca dell’equilibrio si basa sul riconoscimento del ritmo della vita fondato sul bilanciamento degli opposti: inspirazione-espirazione; sonno-veglia; parlare-tacere. L’uno non può fare a meno dell’altro; la qualità dell’uno influenza e determina la qualità dell’altro. Trovare un ritmo sano e benefico è lo scopo della ricerca e del cammino verso una piena coscienza di sé.
E’ abbastanza evidente che siamo portati più a parlare che a stare in silenzio. Socrate affermava che dovremmo comunicare con gli altri solo se le nostre parole rispecchiano la pura verità, bontà e bellezza e se siano di sicura utilità. Risulta del tutto evidente che se sottoponessimo ciò che stiamo per dire a questi tre vagli, molto spesso, decideremmo di tacere.

Molti maestri spirituali sottolineano come il molto parlare indebolisca la capacità di concentrazione e di meditazione, renda la respirazione superficiale ed irregolare e finisca col “bruciare” energie e provocare stanchezza.

Il mauna indirizza l’energia della parola in ojas (energia spirituale). E’ importante crearsi oasi di silenzio e di riposo della mente, pur non trascurando i nostri obblighi di comunicazione con l’esterno.

Non dobbiamo imporci il silenzio, ma abituarci gradualmente a scoprirne i benefici. Riuscire a restare in silenzio presenta anche una positiva ricaduta sul sociale. In molte occasioni, parlando meno, possiamo ascoltare e, quindi, capire molto meglio noi stessi e gli altri.

L’esercizio del silenzio consapevole praticato in coppie, in gruppo, o in comunità numerose, può riservare momenti di straordinaria scoperta di piani ed energie nuove, quali un senso di libertà, di pace e di riposo simili a quelli che proviamo quando passeggiamo da soli nella natura o in silenzio svolgiamo semplici attività quotidiane.

Ciò che in noi parla incessantemente è l’Ego. Il sé supremo è eternamente silenzioso. L’ego è travolgente e travolto dai ritmi incalzanti della vita materiale e pratica. Solo nel silenzio del corpo e della mente giace la condizione del riposo profondo nel Sé.