E vissero più contenti che felici

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E vissero più contenti che felici

sintesi di Luisa Bafile

Su Il Venerdi di “la Repubblica” del 4 Agosto 2017 è apparso un articolo di Giuliano Aluffi, che presenta il saggio di una delle più apprezzate giornaliste scientifiche tedesche, Christina Berndt.Il titolo della pubblicazione è molto esplicito: “La scienza della contentezza: come raggiungerla e perché conviene più della felicità”.

Quella che chiamiamo “felicità”, afferma Christina Berndt, è un puro automatismo biochimico, dovuto alla messa in circolo di un ormone che dipende da stimoli esterni ed è quindi poco controllabile. Questo ormone, la dopamina, viene rilasciato in dosi massicce nel cervello, dove agisce sulle parti più antiche, come il nucleus accumbens, che elabora le sensazioni di piacere e paura, e le dipendenze.

La dopamina, però, si degrada in fretta,perciò lo stato di felicità è di breve durata, sia dal punto di vista biochimico, sia da quello psicologico perché ci si abitua facilmente ad una situazione piacevole.

Inseguire questo tipo di felicità ci pone nella condizione di non aver mai a sufficienza esperienze piacevoli nuove: queste infatti si consumano in fretta anche perché la psiche umana tende ad una condizione di equilibrio.

Come dimostrano gli studi sull’adattamento, condotti dallo psicologo Michael Eysenck dell’Università di Londra, anche in occasioni straordinarie come le vincite alla lotteria la felicità si esaurisce a distanza di pochi mesi: per rimanere stabilmente felici dovremmo continuare a rincorrere occasioni straordinarie.

Molto più saggio,dice Christina Berndt, aspirare alla“contentezza”, che è duratura, meno soggetta a stimoli emozionali esterni o interni perché più razionale: è un equilibrio che risulta dal confronto fra desideri e realtà.

Per raggiungere la contentezza, si possono seguire due vie. Si può cercare di soddisfare un numero sempre maggiore di aspettative,cosa che spinge a dare il meglio di sé e porta a successi che, però, presi singolarmente, danno una soddisfazione temporanea; inoltre, se non si realizzano le aspettative, la strategia si rivela controproducente.

Oppure si può imparare ad accontentarsi, valorizzando gli aspetti positivi della propria situazione e rinunciando al desiderio di altro. Entrambe sono alternative razionali, che permettono di agire per ottenere un risultato.

L’ormone della contentezza è la serotonina. Esso agisce sulla corteccia cerebrale, un’area evolutivamente più recente, necessaria per il ragionamento e l’apprendimento.Il 95% della serotonina presente nel corpo si concentra nel tratto gastrointestinale e favorisce la digestione. Il restante 5% attraversa il cervello e dona serenità: molti antidepressivi agiscono aumentando il livello di serotoninache si libera fra i neuroni.

Al contrario della dopamina, che rende felici, e delle endorfine, che rendono euforici per la loro composizione simile a quella dell’oppio e dell’eroina, l’effetto della serotonina dura più a lungo.

Due ricercatori dell’Università di Warwick hanno classificato il grado di soddisfazione della popolazione in 131 Paesi e hanno riscontrato che i popoli più felici sono i Danesi e quelli geneticamente a loro più vicini.

In particolare,  sono quelli nella cui popolazione il gene 5-Httlpr, che regola il trasporto della serotonina, ha la forma più allungata. L’ipotesi di una causa genetica spiegherebbe, secondo i due ricercatori, come mai, ad esempio, negli Stati Uniti gli americani di origine italiana abbiano un livello di soddisfazione simile a quello degli italiani in patria.

Ma, oltre ai geni, sono importanti altri fattori, ad esempio l’età.

Il contrasto fra aspirazioni e realtà si avverte soprattutto nella “mezz’età” quando ci si rende conto che certi desideri non si avvereranno più. Alcuni studi mostrano che la curva della contentezza è una “U”:superata la mezz’età la vita ridiventa rosea perché si accetta più facilmente la realtà e si ridimensionano i desideri.

Ma essere contenti non significa rassegnarsi o rinunciare alle ambizioni, basta guardarle con distacco e nel contempo assaporare le piccole occasioni di serenità che ogni giornata offre. E, secondo alcuni studi, ciò che può aiutare è la curiosità:coloro che si dichiarano più soddisfatti sono anche i più curiosi. La curiosità dà potere sul presente, porta a vivere il momento, dando valore a ciò per cui si è portati.

Si può perseguire e mantenere la contentezza dando attenzione ad ogni evento positivo della giornata e imprimendolo nella memoria anche esprimendo a parole quanto lo si apprezzi, perché il cervello si adatta a ciò a cui pensiamo di più; perciò se indugiamo sulle negatività, le preoccupazioni o l’autocritica, addestriamo i neuroni ad essere ipersensibili a minacce, perdite e sensi di colpa.